Il motore protesta contro la decisione del Tribunale di Roma: "Senza URL l'accusa è infondata".
"Questa decisione," - spiega il comunicato stampa emesso da Yahoo! Italia - "che vuol far monitorare alle aziende di motori di ricerca il contenuto di terze parti sul web, non solo è in contrasto con la legge esistente e i principi riportati nella direttiva sull'e-commerce, ma può addirittura portare a gravi conseguenze restrittive sulla libera espressione in Internet".
Yahoo! ribadisce ora i rischi connessi all'apparente decisione di rendere i motori responsabili dei contenuti che indicizzano, spalancando la porta alle rimostranze legali di chiunque si senta danneggiato da risultati a lui sgraditi.
Inoltre, l'azienda lamenta il fatto che "il pretendente non ha fornito indicazione del nome o dell'URL dei siti illegali, nonostante un'ingiunzione in merito": in pratica PFA ha genericamente richiesto di eliminare dai risultati del materiale pirata, senza specificare quali siano i siti, apparsi tra i risultati, da oscurare.
È poi senz'altro curioso come tutta l'attenzione del distributore si sia concentrata soltanto sui motori di ricerca e non, come sarebbe più logico, sui siti materialmente responsabili di diffondere illegalmente i contenuti protetti.
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